Le Torri di difesa

Nel 1818 il Corpo Reale del Genio Sardo, nel quadro di difesa delle Nuove Mura, decise la costruzione di alcune torri di difesa avanzate rispetto alle mura stesse: quattro sul lato della Val Polcevera e quindi a ponente ed altre tre sul lato di levante che guarda la Valle del Bisagno. Il loro scopo doveva essere la protezione delle parti più esposte delle mura e per questo ne fu iniziata la costruzione proprio al vertice di quei promontori che davano un accesso diretto alle stesse.
I lavori iniziarono sotto la direzione del Colonnello De Andreis, su progetti che forse erano già stati presentati dal precedente governo Napoleonico.
Le torri o quello che alla fine se ne costruì, sul lato prospiciente il Polcevera, sono nell’ordine la Torre delle Bombe  sorta sotto il bastione pentagonale che il Brusco chiama la Piana delle Bombe nel contesto del Forte Tenaglie, una seconda di fronte al bastione di Monte Moro, quindi la presente Torre di Granarolo. posta a difesa della Porta omonima ed infine la quarta chiamata Torre di Monticello lungo la strada per Begato.
Le tre sorte invece sul lato di levante della cinta, sono la Torre di San Bernardino che si eleva sotto l’omonimo bastione e i i resti appena accennati di quelle di Sant’Erasmo e di San Simone.
L’unica torre ancora ben conservata è quella di San Bernardino, forse la sola ad essere ultimata, mentre lo stato di abbandono e di degrado nel quale versano le altre è giustificato anche dal fatto che non furono mai portate a compimento o appena iniziate, come la Torre delle Bombe sul lato di ponente o quella di Sant’Erasmo su quello di levante.
Questo dovuto alla convinzione che la spesa fosse sproporzionata allo scopo, tesi sostenuta dallo stesso Colonnello De Andreis convinto dell’inutilità di queste opere, come riporta il Quarenghi in un suo manoscritto dell’epoca.
(Da “Fortificazioni di Genova” di L.C. Forti)

Torre Granarolo

Torre Montemoro

Torre Granara

Situata lungo i trinceramenti che collegano il Forte Tenaglia al Forte Crocetta e posata su di un terrapieno a forma di bastione pentagonale che faceva parte in forma più ridotta de trinceramenti progettati e realizzati dal Sicre nel 1747. L’organismo molto semplice della torre Granara si deve ricollegare più alle forme primitive delle polveriere e delle ridotte che a quelle delle torri costruite lungo la cinta, le quali possedevano una propria struttura interna e un proprio involucro strettamente legati a una precisa funzione di difesa. Qui ci troviamo di fronte a due volumi architettonici semplicemente compenetrati tra di loro: un muro di recinzione cilindrico alto intorno ai quattro metri, che racchiudeva il parallelepipedo, un tempo coperto a tetto, di un piccolo deposito di grano, secondo la denominazione della torre. Il volume interno, a pianta rettangolare e compenetrato sul lato settentrionale con la muratura cilindrica, era coperto da una volta a botte di cui si scorgono ancora le spalle, e aveva un ingresso perfettamente in asse con quello del recinto esterno.
La strutturazione geometrica delle due parti della torre veniva a creare due ambienti distinti: quello interno e chiuso del deposito e quello esterno, suddivisi in due spazi laterali a settori circolari che potevano servire occasionalmente da riparo a due pattuglie di fucilieri. L’invaso esterno risulta così formato dalla essenziale muratura continua del cilindro, scandita da una sequenza di sottili feritoie. 

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