Scendendo lungo le mura verso la Valle del Bisagno, prima che la cortina svolti verso levante fino al baluardo ad angolo retto di Lavagna, s’incontra la Porta di San Bernardino la quale prende il nome da una chiesetta posta all’interno della cinta, a poche decine di metri dal suo ingresso.
Le sue caratteristiche architettoniche sono pressoché identiche a quelle già viste nella Porta Chiappe. Venendo dalla città, si raggiunge l’ampia uscita ad arco ribassato della Porta salendo per una delle due crôse che si congiungono una ventina di metri davanti ad essa. La prima di queste due crôse in origine s’inerpicava quasi a rettifilo dalla Porta dell’Acquasola, ed è ancora oggi quasi intatta, tranne un primo tratto nella vicinanza di Piazza Corvetto ed alcune alterazioni del tracciato intorno a Piazza Manin, mentre della seconda, che fino all’inizio del XIX sec. veniva su con ampie curve dal Portello, non rimangono che gli ultimi duecento metri, dalla Chiesa di S. Maria della Sanità a San Bernardino. Secondo i rilievi lasciatici dal Codeviola, la porta era costituita da una semplice galleria coperta da una volta a botte ribassata, di un’ampiezza di circa 23 palmi (m. 5,75), con due panche in pietra lungo i due muri laterali ed aperta ai due estremi da due portali della stessa larghezza di 9 palmi (m. 2,25circa).
Al piano superiore, all’altezza del terrapieno delle mura, era stata sistemata una vasta garitta simile a quella di Porta Chiappe, e sul lato opposto un “quartiere” per il corpo di guardia, mantenendo in questo caso i due volumi staccati in modo che la “strada del cannone”, tracciata assieme alla fabbrica delle Nuove Mura, non dovesse interrompersi in corrispondenza della porta come al contrario avveniva alle Chiappe e agli Angeli. Tranne la garitta che fu demolita solamente all’inizio dell’ultima guerra, nella sistemazione ottocentesca, tutto questo primo piano fu spianato, dando maggiore importanza alla continuità dei rampari e alla sua strada di servizio. L’interno della galleria, forse a causa dell’eccessiva umidità delle pareti, fu ristretto con due sottili muri di diaframma ed interrotto a circa 2/3 della sua lunghezza da due grossi contrafforti di rinforzo. Come per la Porta Chiappe, nella nuova sistemazione, fu abbassato di circa un metro il piano di calpestio e di conseguenza anche l’imposta dell’arcata esterna. La fronte verso la campagna, un tempo forse molto semplice, è stata esaltata con l’inserimento di due forti paraste verticali in mattoni ferrigni chiuse da un archivolto che nasconde ancora i mensoloni in pietra della garitta originale. A differenza della Porta Chiappe, la nuova sistemazione risultava molto più organica e rifinita pur lasciando facilmente intuire, con la differenziazione soprattutto del cotto sull’antica muratura in pietra, le parti eseguite nell’ultimo intervento.
(Tratto da “Le Fortificazioni di Genova” di Leone Carlo Forti)