Sul lato di levante delle Nuove Mura, subito dopo il Castellaccio, è situata la Porta delle Chiappe (o di S. Simone). Il rilievo del Brusco (tav. n. 29 – VIII) indicava il tracciato di una «strada che conduce alla Baracca del Puin, alla Torrazza e a Croce d’Orero».
Questa via iniziava sul lato di un recinto trapezoidale, esterno alle mura, e proseguiva lungo il fossato, quasi fino allo Sperone. Sull’altro lato, interno delle mura, la Porta si apriva su una piazzetta a forma triangolare dove si innestavano due strade: una prima che scendeva ripida sino all’antica Porta Carbonara accanto all’Abergo dei Poveri ed un’altra, più lunga e con una discesa più dolce, che raggiungeva il bastione di S. Giorgio a ponente delle “Vecchie Mura” per poi entrare in città attraverso la Porta S. Tommaso. L’ampia galleria a volta che attraversava da un capo all’altro il terrapieno, verso il portale esterno si restringeva, lasciando ai due lati lo spazio per due casermette guarnite di feritoie per le sentinelle. Tutto il piano al di sopra della galleria era occupato da un quartiere” per il corpo di guardia e che comprendeva, una garitta a pianta rettangolare sporgente sul parapetto della muraglia, e verso l’interno un disimpegno, una camerata e una cucina.
In origine, come indicano chiaramente i disegni del Codeviola, la Porta esterna di S. Simone non aveva ponte levatoio, ma una semplice rampa in legno, posta a passerella che conduceva al piazzale esterno; nelle successive trasformazioni del XIX sec. l’intero piano della galleria fu abbassato di circa m. 1,30 e di conseguenza furono abbassate le arcate dei due portali estremi. Su quello esterno, incorniciato da un arco in pietra, fu sistemato un ponte levatoio di cui rimangono solamente i fori per il passaggio delle catene di sollevamento. I due stipiti della Porta furono rinforzati da due paraste in mattoni che salivano verticalmente fino alle mensole della garitta. Infine l’intero piano superiore fu demolito e spianato per permettere il passaggio della strada militare, che doveva proseguire senza interruzioni, lungo i rampari del Bisagno fino allo Sperone.
(Tratto da “Le Fortificazioni di Genova” di Leone Carlo Forti)