Settima cinta in ordine di tempo secondo il Quarenghi, si snodano lungo i bordi di un anfiteatro naturale a forma di triangolo, il Monte Peralto al suo vertice estremo e la città, alla sua base, ristretta intorno allo specchio semicircolare del porto. Sul finire del ‘500, quando le artiglierie perfezionarono la distanza delle loro gittate e la precisione del loro tiro, queste stesse alture, se sguarnite o abbandonate ad un potenziale nemico, avrebbero potuto diventare un pericolo per il nucleo della città addensato fra Carignano e il Monte degli Angeli, mentre, una volta potenziate e difese erano di per sé una linea fortificata ideale sufficiente a mantenere a distanza, oltre le ampie vallate del Polcevera e del Bisagno, i tiri di una artiglieria nemica.
Il nuovo tracciato fu una autentica innovazione in un’epoca in cui si consideravano ancora, linea fortificata e limite dell’abitato due concetti inscindibili. Le mura, anziché seguire, come avevano fatto fino al cinquecento, lo sviluppo reale dell’abitato o almeno estendersi lungo l’area di un futuro incremento edilizio, furono ideate invece estese in senso opposto a quello sviluppo, per meglio garantire una certa “distanza di sicurezza” riferita al progresso della nuova tecnica militare tra la città e il porto da un lato e la probabile linea del fronte, dall’altro.
L’idea fu suggerita per la prima volta dal Padre Domenicano Gaspare Vanoni, fin dal 1568. Inoltre il Governo della Repubblica si era salvaguardato contro ogni possibile dominio sui monti che si affacciavano direttamente sulla città, con la costruzione, durante i due secoli precedenti, del Castellaccio iniziato nel 1318 e trasformato in fortezza di tipo bastionato nel XVI secolo), della fortezza di Promontorio, sul luogo dell’attuale Forte Tenaglia, della Bastia di Peralto, dove ora sorge il Forte Sperone e che aveva la forma di un triangolo acuto secondo i canoni della difesa bastionata del Rinascimento; a queste piccole fortezze isolate si aggiungevano forse delle ridotte, che in qualche modo rendevano la difesa dei crinali quasi continua.
La costruzione di una linea di difesa continua, totalmente rinnovata come concezione, era una necessità per la salvaguardia di Genova e divenne ben presto, un imperativo indilazionabile.
L’opera definitiva delle Nuove Mura fu decretata dal Senato nella primavera del 1626 ed ebbe inizio con la posa simbolica della prima pietra, in una solenne cerimonia svoltasi il 7 dicembre dello stesso anno. In quella cerimonia, in presenza di tutta la popolazione, dei Nobili e del Doge Giacomo Lomellini, in un luogo prescelto fra S. Benigno e La Lanterna, fu murata una lapide e incastrato in una pietra un medaglione d’argento”, a commemorare un’impresa che si prevedeva gigantesca.
Il 14 dicembre fu presentato al Senato il progetto per la costituzione del Magistrato delle Nuove Mura, una sorta di ente autonomo col duplice compito della direzione dell’opera e del suo completo finanziamento, con decreto che fu poi approvato il 28 gennaio dell’anno successivo, Nonostante tutto l’entusiasmo iniziale , fu sospesa per circa tre anni e ripresa solo nell’ottobre del 1629. Dopo aver iniziato le misure e i tracciamenti sotto la direzione di Ansaldo de Mari e la consulenza di P. Vincenzo Maculano da Firenzuola, e preparato il 19 novembre 1629 un preventivo particolareggiato assieme ad una relazione sulla forma da adottare per disporre sia del contributo attivo dei cittadini sia della somma necessaria, Da quel momento, deciso il nuovo disegno e sicuri di poter disporre della somma stabilita, l’opera fu proseguita senza interruzione fino alla metà del 1633.
La costituzione del Magistrato delle Nuove Mura, insediato al Palazzo Ducale dal gennaio 1627, fu indispensabile per coordinare un’opera così complessa, dove si presentavano problemi di ogni genere; da questioni tecniche a quelle economiche, da problemi militari a quelli giuridici.
Nell’aprile del 1630 il Senato approvava un disegno con una riserva per il posto di Promontorio. Non era ancora stato deciso infatti se le mura dovessero passare per la “Bastia di Promontorio” (o Permonton) dove oggi è situato il Forte Tenaglia, oppure dovessero proseguire direttamente dagli Angeli per Granarolo come continuava ad insistere Padre Vincenzo Maculano, la cui competenza era indiscutibile, ma la cui opinione su questo punto, era stata sempre confutata dagli esperti militari invitati dal Senato a pronunciarsi sul tracciato.
Il 20 maggio 1630, ritenendo fosse insufficiente data la mole del lavoro – la competenza tecnica del De Mari e quella scientifica del Balliano, fu eletto Architetto e Capo d’Opra, il Maestro Bartolomeo Bianco.
Il 26 aprile 1630 il Magistrato delle Nuove Mura stipulava i primi contratti d’appalto.
Il 30 maggio 1632 il Magistrato delle Nuove Mura diede ordine di demolire il Castellaccio «lasciandovi le muraglie dei lati per potervi fare alloggiamento per i soldati »
Anche la Bastia di Peralto fu inglobata interamente nel nuovo circuito: uno schizzo ricalcolato dal Quarenghi.
Il Cevasco riporta le seguenti misure, riferite alla lunghezza totale della cerchia:
Da S. Benigno allo Sperone: metri 6.160
Dallo Sperone alla Strega: metri 6.490
Dalla Strega alla Porta del Molo Vecchio: metri 2.360
Dal Molo vecchio alla Lanterna: metri 4.550 con un totale di metri 19.560 suddivisi in metri 12.630 per la parte verso terra e 6.910 metri per quella verso mare.
Escludendo un tratto di mura (quello tra le mura delle Cappuccine e Capo Carignano) le misure per la parte verso terra concordano con quelle in palmi riportate dal Bruzzo, che assommano ad un totale di 12.155 metri.
La nuova cinta fu infine completata dal lato di mare e si poteva dire veramente conclusa con la costruzione del Nuovo Molo su disegno di Ansaldo de Mari e la cui prima pietra fu posta nella Pentecoste del 1648.
Nel corso del XVIII e XIX secolo, lungo le Nuove Mura, non si ebbero trasformazioni degne di rilievo, tranne quei necessari lavori di restauro e di manutenzione e di cui abbiamo notizia dalle numerose filze di documenti conservati all’Archivio di Stato di Genova e che riguardano opere eseguite tra il 1748 ed il 1792 e tra il 1801 ed il 1814.
Tra questi sono da ricordare, lunghi restauri per consolidare le mura al Bastione di Santa Caterina verso il Polcevera, altri lungo le mura dello Zerbino, dove furono rinforzati i parapetti, gli spalti e fu costruita una “freccia” tra la strada coperta e Borgo degli Incrociati.
Molte di queste opere di restauro furono necessarie a causa dello stato fatisciente e di abbandono in cui vennero a trovarsi le mura dopo che fu soppresso il Magistrato delle Nuove Mura il 3 gennaio 1643, rendendo difficile l’applicazione della legge del 22-23 marzo 1634 in cui si stabilivano le modalità per il mantenimento in stato di perfetta efficienza di tutta la cinta.
Il 27 luglio 1748, al momento della sua ricostituzione, il Magistrato si preoccupò non solo di ripristinare i danni subiti dopo più di un secolo di abbandono, ma anche di fare applicare rigidamente l’antica legge del 1634.
Nel corso del XVIII e XIX secolo, lungo le Nuove Mura, non si ebbero trasformazioni degne di rilievo, tranne quei necessari lavori di restauro e di manutenzione e di cui abbiamo notizia dalle numerose filze di documenti conservati all’Archivio di Stato di Genova e che riguardano opere eseguite tra il 1748 ed il 1792 e tra il 1801 ed il 1814.
Tra questi sono da ricordare, lunghi restauri per consolidare le mura al Bastione di Santa Caterina verso il Polcevera, altri lungo le mura dello Zerbino, dove furono rinforzati i parapetti, gli spalti e fu costruita una “freccia” tra la strada coperta e Borgo degli Incrociati.
Molte di queste opere di restauro furono necessarie a causa dello stato fatisciente e di abbandono in cui vennero a trovarsi le mura dopo che fu soppresso il Magistrato delle Nuove Mura il 3 gennaio 1643, rendendo difficile l’applicazione della legge del 22-23 marzo 1634 in cui si stabilivano le modalità per il mantenimento in stato di perfetta efficienza di tutta la cinta.
Il 27 luglio 1748, al momento della sua ricostituzione, il Magistrato si preoccupò non solo di ripristinare i danni subiti dopo più di un secolo di abbandono, ma anche di fare applicare rigidamente l’antica legge del 1634.
(Tratto da “Le fortificazioni di Genova”” Leone Carlo Forti)