Dopo le demolizioni e lo smantellamento di una parte delle mura alla fine del secolo scorso la “Grande Cinta” inizia il suo corso sul lato di Ponente con quel tratto denominato “Mura degli Angeli” e di cui i ruderi del grande Bastione della Concezione, che si scorgono al di sopra della scarpata sovrastante il piazzale della Camionale, segnano il principio delle fortificazioni.
Da questo punto (secondo il rilievo del Brusco a quota 269 palmi ossia 64 metri sul mare), il tratto delle Mura degli Angeli si snoda verso settentrione lungo l’attuale via di S. Bartolomeo del Fossato, si interrompe brevemente nella breccia aperta in corrispondenza della via Porta degli Angeli e prosegue, compiendo un’ansa lievemente inclinata verso ponente, al di sopra del Cimitero di Sampierdarena, per terminare poi al Bastione di S. Cristoforo, penultimo baluardo prima della Tenaglia. Da questo punto, la Cinta prosegue con il tratto distinto nelle carte napoleoniche come “Mura del Monte Moro”, caratterizzato da uno sperone che si protende verso ponente, chiudendo a sud con la grande Tenaglia la valle di S. Bartolomeo ed affacciandosi con il bastione pentagonale (che il Brusco chiama “Piana delle Bombe”) nell’ampia vallata del Polcevera.
Dalla Porta degli Angeli alla “Piana delle Bombe” le mura salgono la china a rampe successive ed altrettanti terrapieni, fino alla quota di 247 metri sul livello del mare.
Dalla “Piana delle Bombe” le mura si dirigono verso levante salendo lungo il crinale fino alla Porta di Granarolo, con un andamento leggermente convesso ad arco rivolto verso settentrione. Da qui, fino al Begato, col nome di Mura di Granarolo, esse proseguono intervallate da grandi baluardi trapezoidali dalle facce molto distese e dalle linee radenti molto aperte (distinti nelle stesse carte napoleoniche dai numeri 32, 31 e 30), e raggiungono cosi il baluardo centrale esterno dell’attuale Forte Begato, col suo saliente diretto verso nord-est sulla valle Torbella e Bolzaneto, ad una quota di circa 425 metri.
Dal Bastione di Begato, fino all’estremo limite delle vetta del Monte Peralto la cinta sale ancora con un primo grande bastione dalle linee radenti aperte, facente ancora parte del Forte e che racchiude il fianco della collina che il Brusco distingue come “Piana delle Fosse”, per poi tendersi in una lunga cortina interrotta a distanze irregolari da quattro bastioni piatti, fino al Forte Sperone.
La cinta, dal lato di Ponente, come del resto la parte oggi superstite sul lato della Val Bisagno, ha un andamento costantemente crescente. Da una quota di 38 metri sul livello del mare misurati sul parapetto del bastione della Lanterna, si giunge lentamente e senza mai un avvallamento fino alla quota di 445 metri, misurati ed annotati dal Brusco sul parapetto del bastione dello Sperone.
La città inoltre era accessibile attraverso tutta la cerchia di Ponente solamente alla grande Porta della Lanterna, ed ai due portelli degli Angeli e di Granarolo. Questi due ultimi ingressi furono posti, per assicurare una maggiore difesa, il primo, circa a metà strada tra il bastione sporgente della Concezione e quello ancora più acuto della Piana delle Bombe”, e il secondo, tra i vertici di due grandi baluardi allungati e prominenti sulla strada di Begato; ma a parte questi accorgimenti di carattere difensivo le mura, apparentemente, hanno un andamento planimetrico irregolare imposto unicamente dalla natura stessa del crinale roccioso che oggi inizia agli Angeli, ma che un secolo fa aveva origine allo scoglio della Lanterna e proseguiva ininterrottamente fino alla sommità del Monte Peralto.
Nei rilievi del Brusco, anche se nel 1790 la rappresentazione altimetrica era alquanto schematica, si nota in maniera evidentissima questa costante corrispondenza tra costa trasversale all’andamento della cinta e ciascun baluardo. È probabile che il progetto della cinta, schematizzato al massimo nel momento delle delibere e degli appalti ad ognuno dei vari “scarzeratori” incaricati alla costruzione del proprio lotto, diventava progetto esecutivo nel momento in cui era fissata sul terreno la “linca capitale”, asse traguardato in due o più punti d’ogni “costa” trasversale al crinale principale e di conseguenza le lunghezze e la direzione delle due cortine adiacenti, in relazione ai calcoli di gittata e di distanza di tiro.
Ecco perché, nella costruzione delle mura, non si è iniziata l’opera, forse come si potrebbe progettare oggi con l’aiuto di precisi rilievi altimetrici, dal basso verso l’alto, ma si è, per prima cosa, assegnato l’appalto per il posto di Peralto (lo Sperone), baluardo estremo della futura cinta. Fissata la forma geometrica di questo, fu sufficiente impostare allora lungo l’andamento del crinale generatore, la direzione di due cortine successive, sia sul lato di Levante che su quello verso il Polcevera, per risolvere la costruzione geometrica del bastione corrispondente, e così via, per coppie di cortine e per successivi bastioni si giungeva prima alla punta di Begato, poi a quella fissa di Promontorio (Piana delle Bombe) e di li fino a congiungersi con le mura (già costruite nei primi lotti assegnati nel 1630) della Lanterna, estremità inferiore dell’intero percorso.
(Tratto da “Le Fortificazioni di Genova” di Leone Carlo Forti)