Sono due cime denominate anche Fratello Maggiore la più alta (m. 635) e Fratello Minore l’altra (m. 622). In antico erano chiamate “Cappelletta” o “Sellato” o “Pelio” il Maggiore; “Spino” o “Penin” il Minore (1).
Sono situate a nord dello Sperone e lungo la strada che conduce al Diamante; sono raggiungibili in un’ora di cammino oltre le mura del Righi, oppure salendo da Begato o da Preli. Le cime furono tenute dai Genovesi al tempo dell’assedio del 1747. Le opere di fortificazione campale consistenti in palizzate, fossati e ridotte, si estendevano dallo Sperone lungo tutto il crinale sino ad andare ad attestarsi sulla vetta del Fratello Maggiore.
I primi frettolosi lavori per rendere la vetta dei Due Fratelli in condizione di resistere iniziarono il 12 aprile 1747 e durarono due settimane. La primitiva fortificazione consisteva in un unico recinto trincerato che abbracciava le due vette e su ognuna delle cime era in più una ridotta.
È difficile attribuire un autore a questa opera. Si potrebbe azzardare il Sicre in quanto lo vediamo impegnato in tutte le operazioni di difesa, ma potrebbe essere anche un qualsiasi ingegnere militare francese arrivato a Genova insieme ai primi rinforzi.
Nell’ottobre del 1747, allorquando gli Austriaci si erano momentaneamente ritirati e fervevano lavori per costruire forti in muratura, non si fa cenno ai Due Fratelli; alla difesa della località basterà la nuova ridotta sul Diamante poco distante.
È l’assedio del 1800 che riporterà d’attualità i Due Fratelli. I Francesi vi si stabiliscono con delle nuove ridotte che però non forniranno d’artiglierie per evitare che il nemico, qualora si fosse impadronito della posizione, potesse rivolgerle contro le mura della città.
Il 30 aprile 1800 gli Austriaci dopo un violento scontro scacciano gli occupanti e vi trascinano sù due piccoli cannoni. Un successivo contrattacco riporta i Francesi padroni della posizione.
Si dice che il Foscolo fosse stato ferito combattendo valorosamente in quest’impresa, ma di ciò non si trova menzione; i rapporti dell’epoca ci informano che fu colpito alcuni giorni dopo nel corso di una ritirata sul greto del Polcevera.
(1) Pelio deriva dal latino “proelium”, battaglia; a ricordo di qualche immemorabile scontro. A levante è l’abitato di Preli, stesso etimo.
Forte Fratello Minore
Sorge a circa 200 metri in linea d’aria a ponente del Fratello Maggiore, sull’area già occupata dalla fragile ridotta in terra battuta ed in gabbioni del 1747 e del 1800. In periodo napoleonico fu innalzata una semplice torre, mentre il forte quale lo vediamo adesso è opera del genio Sardo tra il 1815 ed il 1823. Osserviamo infatti anche lo stacco tra la struttura della torre ed il muraglione che vi si appoggiò successivamente.
La costruzione è molto somigliante anche al forte Puin, per cui si può pensare allo stesso progettista. Ai primi del novecento fu aggiunta sugli spalti una piccola polveriera.
Il fortilizio è formato da un alto muro racchiudente un’area trapezoidale e dalla torre posta sul perimetro ed incombente su Begato.
La torre è in pietrame posto a conci irregolari, ancora intonacata in parte, con gli spigoli in pietra da taglio; pure in pietra da taglio sono gli architravi del portoncino, finestre ed i fianchi delle feritoie. Il mattone è utilizzato nelle volte, negli archetti poggianti su mensole dell’ultimo piano e nel parapetto del terrazzo.
L’ingresso nell’area fortificata si apre su un fossato in parte colmo, il che non toglie qualche difficoltà di entrare nel recinto. Per arrivare da qui al livello degli spalti la strada acciottolata si articola entro una trincea, tenuta sotto controllo dalle feritoie della torre e del soprastante terrapieno. L’accesso alla torre è sul lato sud; si entra in uno stanzone su cui si affacciano numerose feritoie, tutte però troppo alte da terra per poter essere utilizzate direttamente, probabilmente una piattaforma in legno girava tutto attorno. Sul lato prospiciente il Fratello Maggiore c’è una scaletta. Si scende al seminterrato illuminato da feritoie ed a fianco, dal lato Begato, c’è una cisterna della capacità di 23 metri cubi d’acqua.
Saliamo al primo piano, in cui si aprono due finestre tipo cannoniera con spallette ed arco in mattoni, e notiamo come esso era formato da un solaio in legno oggi naturalmente scomparso ma di cui si vedono nel muro i fori di incastro delle travi. La copertura è una volta a botte di notevole spessore a prova di bomba, il terrazzo è piano. Dal parapetto del terrazzo aggettano sui quattro lati delle caditoie, sostenute da mensole in pietra rinforzate da barre di ferro. Dai disegni esistenti negli uffici del Genio Militare di Genova risultano le seguenti difese: un cannone sullo spalto nord per battere l’alta val Polcevera, tre cannoni puntati sulla bassa Polcevera posti nello spalto a sud della torre e di cui si notano ancora gli appoggi dei basamenti fatti in pietra e disposti a semicerchio; quattro cannoni puntati verso il Fratello Maggiore. Inoltre nella sella esistente tra i due Fratelli un ripiano è pronto per ospitarvi n’eventuale nuova batteria. La linea di fuoco dei parapetti è di 20 metri, mentre le postazioni protette dietro feritoie sono 20. La guarnigione ordinaria in tempo di pace era composta di 15 uomini, neppure necessari per coprire tutte le feritoie. In caso di necessità se ne potevano aggregare altri venti sistemati su pagliericci a terra.
Nella riservetta polveri vi erano 1200 chilogrammi di esplosivo.
Lo stato attuale del forte è di completo abbandono, i parapetti sono in parte sbrecciati, anche qui i tiranti in ferro della volta sono stati tagliati, la scala interna è stata demolita in un tratto per asportarne meglio le chiavi annegate nella muratura, per cui è anche arduo salire sulla terrazza.
(Planimetria tratta da “I forti di Genova” Sagep Editice)
Forte Fratello Maggiore
Costruito dal Genio Militare Francese tra il 1805 ed il 1814, fu ritoccato negli esterni dal Genio Militare Sardo tra il 1815 ed il 1823. Demolito in parte nel 1936 per motivi militari, fu abbattuto completamente durante l’ultima guerra per sistemare sulla vetta spianata del monte quattro piazzole antiaeree. Del forte resta oggi solo un piccolo vano interrato. Un eventuale rifacimento della costruzione non sarebbe difficile in quanto esistono i disegni particolareggiati. Da questi risulta sia la forma della torre francese che i successivi rimaneggiamenti operati dal Genio Sardo. La primitiva costruzione era molto somigliante a quella esistente tuttora sul Fratello Minore e quasi gemella al Puin; semplice e quadrangolare ma più tozza, larga metri 16,75×14,85 ed alta circa 10 metri su due piani. Era munita di caditoie aggettanti al centro di ognuno dei fronti, fossato sull’ingresso, le facciate segnate da numerosissime feritoie al piano terra e da cinque troniere intervallate da feritoie a quello superiore, terrazzo piano a prova di bomba. Lo spessore dei muri era 130 centimetri invariato sia alla base che al cornicione, come nel Fratello Minore, per cui i muri erano a piombo. L’intervento del Genio Sardo ne trasformò completamente la fisionomia. I muri furono rinforzati sino a raggiungere alla base lo spessore di 2 metri e 20 ed erano inclinati con una fortissima scarpa, così da farlo apparire come un tronco di piramide. A metà altezza si innestavano delle paraste incornicianti sul fronte principale tre finestre cannoniere sormontate da archi. Si ripete lo stesso motivo di archi, lesene e contrafforti che vediamo nel Diamante, talché si può credere che questo forte ed il rimaneggiamento del Diamante siano stati opera del medesimo progettista. Venne spostata la posizione della scala ed abbattute alcune tramezzature. Il piano terra era diviso in tre vani illuminati solo da numerose feritoie; da qui si accedeva tramite una botola ad un vano seminterrato in cui si aprivano due feritoie sul fossato per far fuoco contro chi vi si fosse calato, a fianco vi era la cisterna per l’acqua. Il primo piano era destinato all’alloggio dei soldati e riceveva luce da nove finestre. Il terrazzo era segnato con nove caditoie per dirigere il fuoco anche alle basi del fortilizio.
L’armamento era composto da quattro cannoni. La linea di fuoco dai parapetti era di 30 metri, a cui si aggiungevano 22 posti da dietro le feritoie. La guarnigione era di 20 uomini, a cui se ne potevano aggregare altri 30 in caso di necessità, sistemati a dormire in terra su paglia. La polveriera conteneva munizioni per 1000 chilogrammi.
(Tratto da “Fortificazioni campali e permanenti di Genova” di R. Finocchio, Valentini Editore)