I trinceramenti progettati dal Sicre al Belvedere interessavano una vasta zona che si estendeva dalla chiesa di Nostra Signora di Belvedere, raggiungeva il punto dove oggi sorge il Forte Belvedere e scendendo la china sino alla foce del torrente Polcevera, terminava con una serie di frecce a ponente del borgo di Sampierdarena.
Nel 1747 non esisteva nulla o quasi che potesse far pensare ad una fortezza, ma un ampio sistema di difesa formato da muretti, trincee, crôse, fasce di orti con brevi tratti di parapetto, piccoli terrapieni sistemati a forma di rozzi baluardi, piazzette, case; un sistema semplice ma estremamente efficace perché, sfruttando al massimo ogni angolo del terreno, riusciva a creare una linea di protezione elastica e poco vulnerabile alle batterie nemiche.
Il 27 aprile 1747 il Maresciallo Sicre e l’Ingegnere De Cotte si recavano sul posto per dare inizio ai lavori che dovevano essere terminati di lì a pochi mesi, tanto che un anno dopo, il 14 maggio 1748, la Giunta delle Fortificazioni fissava il numero di cannoni da predisporre ai trinceramenti della Crocetta e del Belvedere.
Passata la Guerra di Successione e cessato ogni pericolo, a poco a poco quelle fortificazioni sul lato di ponente furono abbandonate preferendo arretrare le poche difese a S. Benigno, alla Tenaglia e sulle Mura degli Angeli. In una relazione del 25 novembre 1795 inviata forse dal Brusco alla Giunta delle Fortificazioni, in un momento in cui si profilava il sinistro presagio di un nuovo conflitto mondiale, si legge che non era stato giudicato necessario sbarrare le strade che conducevano al Belvedere, né di munire gli antichi trinceramenti di cannoni, dei quali allora erano completamente sprovvisti. Tutto il lungo crinale del Belvedere era molto esposto, ed ogni movimento di truppe nemiche poteva essere facilmente controllato e dal grande bastione della Concezione e “dall’opera a corno” della Tenaglia, per cui anche durante l’assedio della primavera del 1800, la linea dei trinceramenti fissata nel 1747 fu inutilizzata.
Si riprese in considerazione la sua importanza militare solamente più tardi, quando sotto il Regno Sardo, fu possibile schierare lungo tutte le fortificazioni e senza economia, un esercito regolare di gran lunga superiore in uomini e in armamento.
Il Genio Militare piemontese iniziò la costruzione di un Forte nel 1815 e ultimò tutti i lavori nel 1827, in un arco di tempo relativamente lungo, ma giustificato dalla complessità del problema. Noi conosciamo i primi progetti del Belvedere da alcuni schizzi a matita tracciati su mappe molto più antiche ma estremamente precise. Una di queste – la Tavola E 322, conservata alla Soprintendenza ai Monumenti della Liguria mostra chiaramente la posizione dell’antico monastero e una stradina che è esattamente l’inizio dell’attuale salita Millelire, che terminava con un grosso edificio rettangolare accessibile a mezzo di una scaletta laterale e chiuso a levante da un recinto; le planimetrie seguenti indicano che si trattava di una casa-forte di costruzione napoleonica, ideata sullo stesso schema e con le medesime tecniche costruttive delle ridotte dei Due Fratelli, attorno alla quale si sviluppò in un secondo tempo la lunetta del Belvedere.
Sul lato settentrionale e a ponente di questa casa-forte, si notano tracce di muratura che appartenevano senza dubbio agli antichi trinceramenti settecenteschi. A metà della stradina, all’altezza di una seconda casa ancora esistente iniziava, dirigendosi verso sud, una muratura che in parte era utilizzata come strada coperta e che oggi corrisponde alla crôsa che raggiunge a valle le case di Sampierdarena.
Il terrapieno di fronte al monastero e la posizione scelta per la costruzione del Forte si trovavano circa alla stessa quota per cui era difficile progettare una costruzione bloccata e unitaria – come ad esempio il Forte Crocetta – senza fortificare anche le adiacenze della chiesa. Come leggiamo in un altro disegno sempre tracciato a matita con lo stesso metodo, si era ventilata la possibilità di demolire il convento e la chiesa del Belvedere per costruire un fortino con una singolare pianta trilobata. In seguito si preferì semplicemente utilizzare il piazzale di terra battuta di fronte all’ala del convento per la postazione di una batteria, di cui rimane affissa nel recinto interno una lapide che vietava la sosta quando si svolgevano le esercitazioni di tiro e costruire sul lato settentrionale dei vastissimi sotterranei a volta, ora utilizzati come cantine per il Circolo Combattenti della zona.
Il Forte vero e proprio fu ideato e realizzato dal Corpo del Genio Sardo sviluppando una vasta piattaforma pentagonale “a lunetta”, innestata alla casa-forte e a sua volta protetta da un fossato con un alto muro di controscarpa che ne seguiva il contorno. Si ripeteva, nel disegno della piattaforma esterna, la stessa planimetria del Forte Crocetta dalla quale si differenzia soprattutto per un bastione pentagonale sporgente oltre il fossato e posto nella direzione del vertice estremo della lunetta dominante la Val Polcevera.
Un’altra interessante singolarità distributiva è data da una piccola lunetta triangolare, un elemento architettonico autonomo abbarbicato su di un dosso del monte in direzione diagonale e collegato al fossato a mezzo di uno stretto corridoio protetto da due muri con feritoie.
In una delle due planimetrie del Forte Belvedere conservate all’Archivio I.S.C.A.G. di Roma, è illustrata la forma planimetrica e la struttura del nucleo della casa-forte di cui oggi purtroppo restano solamente le grosse murature di base mozzate all’altezza di una piazzuola in cemento armato di quest’ultima guerra.
Su di un semplice schema a trapezio diviso da una muratura di spina si sviluppavano su tre piani tre grosse murature di perimetro fortemente rastremate che terminavano con una terrazza a prova di bomba, sulla quale vi era sistemata una batteria armata di cannoni. La forma volumetrica che assumeva il nucleo della casa-forte era quella di un’alta piramide tronca, a nella quale si aprivano sulle fronti due sequenze di cannoniere e feritoie e che fu resa ancora più slanciata con l’inserimento di quattro contrafforti semicircolari.
Un’altra modifica sviluppata dal Genio Militare Sardo fu la diversa distribuzione dell’accesso e la caratteristica smussatura rotonda agli angoli più esposti ai tiri. Il Forte, che negli elenchi è nettamente distinto dalla Lunetta, era collegato a quest’ultima mediante un passaggio in trincea protetto da un terrapieno; inoltre aveva un collegamento autonomo con l’esterno attraverso una lunga galleria che si sviluppava nella direzione della via Millelire, illuminata sul lato settentrionale da una serie di singolari aperture rotonde, ricavate in un unico blocco quadrato di pietra, ancora esistenti.
Da “Fortificazioni di Genova” di L.C. Forti